Iran, 11 anni di carcere alla voce della nobel Ebadi

Iran, 11 anni di carcere alla voce della nobel Ebadi

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Iran, 11 anni di carcere alla voce della nobel Ebadi

Giustizia |

Undici anni di carcere per aver lavorato per la premio nobel per la pace Shirin Ebadi. Su Narges Mohammadi (a sinistra nella foto insieme a Ebadi), 38 anni, instancabile e coraggiosa attivista umanitaria, martedì scorso si è abbattuta la mannaia del regime. Neanche le sue gravi condizioni di salute hanno fermato le autorità di Teheran. Cinque anni di carcere le sono stati comminati per appartenere al Centro per i difensori dei diritti umani, cinque per aver tenuto incontri contro la sicurezza dell’Iran e uno per propaganda contro il sistema. La donna era stata arrestata l’11 giugno 2010, alla vigilia del primo anniversario delle contestate elezioni del 12 giugno 2009, nella sua abitazione davanti ai figli, due gemelli di tre anni. Rilasciata dopo qualche settimana, era stata poi ricoverata in ospedale. Secondo il marito, il noto dissidente politico Taqi Rahmani, Mohammadi in carcere aveva cominciato a soffrire di paralisi temporanee in varie parti del corpo e non era più in grado di parlare.

Nel 2009 aveva scritto una lettera al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad per protestare contro il suo licenziamento: “Non crede che trattare così i Suoi connazionali sia, oltre che illegale, anche vile, immorale e profondamente disumano?”. Lo stesso anno le era stato assegnato il premio Alexander Langer a Bolzano ma l’attivista non aveva potuto recarsi in Italia per ritirarlo perchè le era stato vietato l’espatrio.

Ieri Amnesty International, in un comunicato, ha detto che “la sentenza rappresenta l’ennesimo vergognoso tentativo delle autorità iraniane di stroncare l’azione delle organizzazioni per I diritti umani” e si è detto pronto ad adottare la donna “come prigioniera di coscienza”.

Altri due fondatori del Centro per i difensori dei diritti umani, sono finiti nel mirino delle autorità iraniane: Abdolfattah Soltani, arrestato il 12 settembre 2011, e Mohammad Seyfzadeh, che sta scontando una condanna a due anni di carcere. Mohammad Ali Dadkhah, un altro fondatore del Centro, rischia di finire in carcere se la condanna a nove anni verrà confermata in appello.

Oltre al Centro per i difensori dei diritti umani, la repressione del governo iraniano sta colpendo il Comitato per la difesa dei prigionieri politici, gli Attivisti per i diritti umani in Iran, il Comitato dei giornalisti per i diritti umani e altri gruppi che chiedono maggiore rispetto per i diritti delle minoranze.

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