Troy Davis è stato giustiziato, inutili i tentativi di salvarlo

 La pena di morte esercitata da uno stato sedicente ciivile dimostra semplicemente la debolezza della sua civiltà.
La vita è vita e se i singoli la violano sopprimendola, lo stato per quanto possa sembrare un paradosso, non può scendere a livello del sigolo. Lo stato e l'umanità intera non può violare la vita. Lo stato, l'umanità devono condannare il delitto, ma non possono legittimare la pena di morte. Lo stato e l'umanità devono tutellare la vita. Solo l'ignoranza e la paura invocano la pena di morte [Vittorio Lavazza]
ci arriva da Repubblica.it la notizia:
Dopo una lunga serie di rinvii, sospensioni e ritardi, è stata infine eseguita la condanna alla pena capitale inflitta a Troy Davis, 42 anni, divenuto suo malgrado l'ennesimo simbolo, dentro e fuori l'America, della battaglia contro la pena di morte: in un carcere di Jackson, in Georgia, gli è stata praticata la prevista iniezione letale. A nulla sono servite le manifestazioni a suo sostegno in varie città del mondo e gli appelli di alte personalità per salvargli la vita. Una campagna che ha visto nelle scorse settimane l'adesione di papa Benedetto XVI, dell'ex presidente Jimmy Carter, dell'arcivescovo Desmond Tutu e di molti esponenti politici e personaggi pubblici americani e internazionali.

Ancora nelle ultime ore anche il New York Times aveva ammonito che la sua esecuzione sarebbe stata "un terribile errore". Un portavoce del ministero degli Esteri francese aveva definito "una colpa irreparabile" l'esecuzione; e il Vaticano aveva di nuovo espresso la speranza che la vita del condannato potesse "essere risparmiata". Una manifestazione si è svolta in serata anche davanti alla Casa Bianca, per ottenere un intervento del presidente. Barack Obama, tramite un portavoce ha però fatto sapere di non voler interferire in una questione "che riguarda le procedure uno stato federato" degli Stati Uniti.

Frattanto, Troy Davis è rimasto in attesa, cercando di non lasciarsi andare alla depressione, o alla paura. "Ha un buono stato d'animo, è in pace e prega
sempre. Ma ha anche detto che non smetterà di lottare fino al suo ultimo respiro e che la Georgia sta per spegnere la vita di un innocente", ha raccontato Wende Gozan Brown, un attivista di Amnesty International che ha potuto fargli visita ieri. Davis era stato condannato a morte per l'uccisione nel 1989 a Savannah di un agente di polizia, Mark MacPhail, che seppur fuori servizio era intervenuto di notte in difesa di un senzatetto che era finito al centro degli scherzi violenti di un gruppo di teppisti. All'epoca, Davis aveva 19 anni. La maggior parte di coloro che avevano avviato la campagna per salvarlo sostenevano che, per la scarsa consistenza delle prove a suo carico, avrebbe dovuto avere almeno un altro processo.

In particolare, un esperto come l'ex direttore della Cia ed ex giudice William Sessions aveva sottolineato che sulla sua colpevolezza c'erano "seri dubbi, alimentati da ritrattazioni di testimoni, accuse di coercizione da parte della polizia, e mancanza di serie e concrete prove". Tutti argomenti che hanno portato per quattro volte, dal 2007, a rinviare l'esecuzione. L'ultima volta, per appena tre ore e mezza, ancora questa sera, per dare alla Corte Suprema il tempo di esaminare e respingere l'ultimo disperato ricorso della difesa. Uno stillicidio. "Il trattamento riservato a Troy Davis - sostiene Brian Evans di Amnesty - si può paragonare alla tortura, soprattutto quando più volte si è trovato a poche ore dalla morte, dopo aver già dato i suoi ultimi addii". Questa volta l'incontro con il boia per Troy Davis è però infine arrivato. Inesorabile.
Chi era Troy Davis?
Venne condannato a morte con un’iniezione letale per l’uccisione, nel 1989, di un agente di polizia fuori servizio a Savannah, in Georgia. 
Ha sempre negato di aver ucciso il poliziotto e non ci sono prove concrete a suo carico.
Il processo a Davis iniziò nel 1991. Da allora 7 dei 9 testimoni contro di lui hanno ritrattato la loro testimonianza, ma il giudice distrettuale William Moore ha stabilito che ugualmente le prove a sua carico non permettevano di “richiede l’inversione di giudizio della giuria.” Il governatore della Georgia, ieri, ha negato la grazia chiesta dai difensori di Davis, condannandolo definitivamente a morte: “La polizia cerca giustizia per la morte di uno di loro, a tutti i costi” ha concluso l’avvocato dell’uomo.

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